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‘Incanto ed enigmi’, Torino, 2 Dicembre 2022

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Torino, fantastica e magica città, capace di suscitare evocativa e misteriosa suggestione. Nell’oscurità della sera, quando la frenesia s’acquieta, mostra il suo volto più intrigante, capace d’immergerti in atmosfere sospese e inafferrabili.

L’ignoto oscuro, l’enigmatico senso di vita, s’avverte nelle piazze storiche quando la luce del sole cala nelle tenebre e tutto s’illumina d’incanto, sembra quasi che le gelide mura di antichi palazzi e immobili statue celebrative prendano vita tra giochi di luci e ombre, immerse nel blu profondo di una notte nebbiosa.

Ma se il buio è profondo, le luci di Spazio Musa, luogo suggestivo ubicato in un palazzo nobiliare del ’700 ricco di storia e fascino, sapranno dare splendida occasione espositiva alle opere dell’artista Vittoria Rutigliano, oggi tra le massime rappresentanti del nuovo simbolismo contemporaneo.

Davanti alle opere di Vì, lo spettatore compie un’esperienza teatrale visiva, che si realizza in uno scambio relazionale espressivo, libero e creativo, dove si sente forte la necessità di oltrepassare i confini della cornice scenica per entrare in uno spazio narrativo condiviso e interno alla comunicazione. Qui, da spettatore diventa fruitore di una figurazione magica, dove una moltitudine di immagini multiple si susseguono in un incanto incessante.

Presentando i suoi lavori, vogliamo portarvi ad esplorare il mondo del collage contemporaneo, in un crescendo onirico e fantastico dove lei ne è massima espressione. Grande abilità tecnica, quella di Vittoria, che con il suo bisturi indagatore incide e asporta brandelli di realtà quotidiana per ricostruire sentimenti, idee e storie nuove, raccontando arbitrariamente il passato, in un’elaborazione rigorosa del presente, capace di creare mondi futuribili.

Astrazione o figurazione? Qualsiasi strada l’artista scelga, non può prescindere da quel sapore di vissuto che resta impigliato nelle carte e nei cartoncini ritagliati: essendo immagini tratte dai media cartacei e digitali, molte di queste attengono alla pubblicità di giornali e riviste, ed è quasi inevitabile che essi prendano un’apparenza del dejà-vu, un’alterazione dei ricordi in cui si vive un senso di soprannaturalità misteriosa, qualcosa che, come la stessa tecnica che le dà corpo, ha a che fare anche con il nostro tempo o almeno appartiene a un sogno. Esso inevitabilmente si dilata nella realizzazione delle opere fatte dall’applicazione e sovrapposizione dei frammenti assestati come piccoli intarsi, o mosaici, che via via si codificheranno in maniera definita come immagine autentica e pura.

Vittoria è un’artista che fa ricerca. I suoi collage sintetizzano diverse tradizioni di astrazione geometrica, concentrando intuizione e processo creativo in un approccio sperimentale: le decisioni che l’artista prende prima di iniziare una nuova opera impostano un algoritmo che ne regolerà, dall’inizio alla fine, il procedimento di esecuzione. Un’esibizione di modificazioni dinamiche dettate da una mente modulata da dolcezza e sonorità, forza motrice di un’ossessione compulsiva che sa discernere segmenti di stili di vita e comportamenti sociali in ritagli decontestualizzati e, successivamente, ricontestualizzati con legami all’inconscio, al sogno e alla sur-realtà.

“Qualunque cosa la mente umana si trovi a dover comprendere, l’ordine ne è una indispensabile condizione” (Rudolf Arnheim).

Nella serie “Entropia”, l’artista attiva una configurazione composta da vari elementi, seguendo un ordine indipendente di distribuzione dello spazio e creazione di forme. Agisce senza preclusioni di pensiero, in un sistema di disposizione globale da lei prescelto, che le consente di produrre continue permutazioni in un caos armonico di lirico equilibrio, dando all’opera un carattere di realtà determinata e ordinabile. È possibile comprendere come il concetto di natura si rispecchi all’interno dell’ambito artistico e del procedere creativo dell’artista, ma non possiamo pensare a una Vittoria imbrigliata. Il collage è metafora della sua costruzione mentale, lei vive nel continuo assemblaggio di sé con il resto del mondo, e il mondo è un continuo assemblaggio da cui lei trae la volontà d’agire creativamente. Nella serie “Dorata”, i personaggi e lo sciame di oggetti che aleggiano in uno spazio irrazionale hanno l’esigenza di dare innovata identità all’immagine che la comunicazione pubblicitaria snatura e distorce, esaltando qualità non possedute per un consumo di massa. La ricerca concitata di iconografiche rappresentazioni si trasforma in cambiamenti scenografici popolati da personaggi sibillini, che danno origine a una commedia esistenziale in cui tutti recitano con maschere diverse; un atto di fuga salvifico, non dalle nostre passioni, ma dallo sconforto del nostro apparire. Nel mondo di Vì è possibile vivere momenti di inaspettata meraviglia in cui cogliere la forza di una bellezza intensa, a patto che si compia quell’esperienza emozionale spontanea che induce a generare un senso di riflessione sul significato della propria esistenza, in profonda armonia col mondo.

Altro elemento fondamentale nel percorso artistico di Vì è la ricerca accurata della cornice, che non ha solo una funzione estetica, ma qui riveste un ruolo funzionale all’opera, in quanto appartiene sì al sostrato materiale dell’immagine, ma senza determinare o alterare la dimensione figurativa. Anche se è parte del quadro la cornice è un oggetto reale, limite esterno dell’immagine, è un elemento compartecipe che dà vita a un luogo racchiuso, circoscritto e che viene messo in scena. La cornice anticipa qualcosa che è prima della raffigurazione interna: contrassegna e rende visibile il luogo di accessibilità dell’immagine, un diaframma simultaneamente aperto allo spazio in cui lo spettatore può vivere, su palcoscenici immaginari senza mai calare sipari. La cornice ha per Vì la funzione del coro nel teatro greco: un dialogo continuo con l’opera e al tempo stesso con lo spettatore. Una guida che ti porta all’incanto e che potrebbe, forse, aiutare a risolvere enigmi.

Maria Libera Amato