Nata a Udine, vive e lavora a Treviso. Si diploma al liceo artistico e successivamente si laurea in architettura allo IUAV.
Svolge attività di architetto progettista e arredatore per diversi anni, applicando l’arte anche nel campo delle progettazioni specifiche di interni residenziali e commerciali.
Energia fondamentale per la sua espressione pittorica è fondere energie vibranti e trasmetterle nella loro forma essenziale, l’emozione.
Partecipa a diverse mostre personali e collettive. Continua in parallelo,
la sua passione per il teatro progetta ed esegue scenografie con riconoscimenti e premi da parte del mondo F.I.T.A.
“Guardo qui, sono in paradiso.
Ho cicatrici che non si vedono.
Ho il mio dramma, nessuno me lo può togliere.
Tutti mi conoscono, adesso”.
( David Bowie, Lazarus)
E’ stato fatale l’incontro con Giulia Gellini, uno stravolgimento inaspettato per un’attesa inevitabile, evocata da un richiamo improvviso, che può essere riconciliata solo se compi un “viaggio” nella gnoseologica comprensione delle “sue creature”, ingenerato dallo straripamento autentico e irripetibile del suo raccontarsi, urlando.
Entri, e la luce ti sommerge, come in una cattedrale maestosa,sradicata dalle profondità oscure del vissuto. Qui, la luce è uno strumento di dialogo, che filtra incessante tra frammenti espressivi di colori potenti e ipnotici. Soffermiamoci ora, catturati dalla forza espressiva del colore, identifichiamoci nel tratto pittorico tra gli spazi rinchiusi da filamenti sinuosi, che catturano e proteggono.
Ascoltiamo gli archetipi sensazionali del suo pensiero primordiale, svelato dalla resa d’ improvvisazioni cromatiche, come apparizioni di magici bagliori. Nel silenzio accogliamo e apriamo sommessamente le labbra, per sostenere una musicalità essenziale alla visione e all’animo, dove i riverberi policromi del blu cobalto e rosso scarlatto, decantano e sedimentano le forti emozioni, che resteranno nel nostro essere più intimo. Ed ecco, che la mente istintiva risveglia immagini olografiche luminescenti, l’animo puro così rigenerato dai raggi filtranti, genera risonanze mutanti di tacito inconscio, spazi che si aprono a infinite forme geometriche, per creare luoghi di veglia onirici.
L’iniziazione teologica “gelliniana”, racchiude un’intuitiva narrazione: i suoi quadri sono la sua anima resa manifesta come in un susseguirsi liturgico, in cui l’artista, attraverso l’esigenza di rivelare dolenti verità, intraprende una ricerca metafisica della realtà smembrata, dove non si accontenta di coglierne l’interezza, ma concentra il suo fare artistico sull’ assoluta necessità di svelare ogni apparenza, Qui trattiene sempre la sua storia “interna” , ma sono quei fili conduttori estensioni del suo corpo, che aprendosi a ventaglio in lunghezze e tensioni, ricevono ed emettono frequenze armoniche, che possono essere rintracciate in frammenti solitari, essenza di un intimo gioco.
Abbiamo incontrato le creature di Giulia come se fosse scritto che dovesse essere, dovesse capitare. Per quel, “nulla accade per caso”. L’impatto è stato ipnotico e imprigionante. Le opere di Giulia nascono dal suo grembo e escono passando dalla sua anima. Da li escono schegge di bellezza insolita, avvolgente non sarebbe l’espressione giusta, perché sono pervasive, invadenti. Ti colpiscono in vario modo perché non sempre il suo intimo desidera essere
disponibile a ciò che tu pensi: a volte ti assecondano, prendendoti per mano, a volte letteralmente ti prendono a sberle.
Giulia ha un grembo cromatico e musicale e la sua anima è nata priva di filtri ottundenti o anche solo attenuanti. Non si può di fronte a una sua creatura, come le chiama lei, non accorgersi che uno tsunami ti staarrivando addosso. E tu resti li, stupito, senza poterti scansare o scappare, a prenderti in faccia quelle onde di sensazioni che vanno direttamente a infrangersi verso la tua emozione. O in assonanza o in dissonanza. Ma in modo inevitabile.
Giulia parla nelle sue opere continuamente a sé stessa. Le chiama sue creature e ha un dialogo continuo. Quelle del passato hanno il dono dell’arte della maieutica per il presente e per spiragli di futuro. In questa sua stanza dell’intimo, di questo suo intimo che le appartiene, che appartiene solo a lei, c’è una crepa nel muro.
Chi occasionalmente ci si trova accanto a quella crepa, oppure ha avuto in dono il conoscerne l’esistenza, vi porge l’orecchio e ascolta. Sussurri, respiri, ansimi, grida e urla. Dalla crepa, a ben vedere, si scorge un barbaglio di luce e accostando l’occhio e osservando attentamente, si possono scorgere anche immagini distorte e sfuocate di vita passata.
A quel punto chi ha il possesso comune di sensibilità, si emoziona in vario modo. Ma non ci si deve fermar li. Si può andar oltre. Perché da quella crepa sgorga la necessità di pensare. Il pensiero che Giulia ti obbliga ad avere, ed è il suo dono, è pregnante e denso di contenuti e spazia nelle stanze del suo intimo vissuto e della sua percezione etica e del giusto.
Spesso son cicatrici sonore che suggeriscono l’ingiustizia e il dolore che troppo spesso ci viene ingiustamente e in modo gratuito inflitto.
(L. Mazzardo, M.L. Amato)