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A Prescindere

Artisti fuori dal tempo e senza movente economico

  |   A Prescindere

Esiste a livello internazionale una costellazione di autori che si esprime, o si è espressa, senza confronto intenzionale con l’arte ufficiale del proprio tempo, disegnando mondi originali, unici, e di difficile o impossibile catalogazione.

Artisti che – secondo l’epoca in cui sono vissuti e le pratiche artistiche adottate – gli storici dell’arte hanno incluso nelle categorie dell’Art Brut o Outsider Art e più di recente dell’Arte Irregolare.

Autori che producono principalmente per dettato interiore, spinti da necessità e impellenze personali e che operano in spazi, fisici e mentali, intimi, nascosti o talvolta protetti. Sono autori molto diversi per autonomia e pratiche artistiche, con diversi gradi di consapevolezza e di presenza al mondo. Oppure, non sono motivati a un rapporto produttivo con il mercato o a un confronto con la cultura artistica ufficiale, anzi lo evitano.

In alcuni casi c’è intenzione, ma non autonomia a causa di condizionamenti dovuti alla disabilità, o a problematiche psichiche o sociali. La varietà di comportamenti e strategie artistiche è così grande da renderli difficilmente impacchettabili in schemi precisi.

Opere e autori da decifrare e da comprendere nel loro farsi – in maniera indipendente – arte e nello stesso tempo fenomeno di vite complicate, ma ricche di senso, di qualità estetiche, di forza espressiva e comunicativa.

L’obiettivo critico sarebbe quello di mettere a confronto questi autori con il sistema ufficiale della Cultura e dell’arte moderna e contemporanea, perché tali esperienze non rimangano confinate nell’ambito dello stigma dell’emarginazione, della follia o della disabilità.

Dubuffet affermava che l’inconsapevolezza del bambino e del malato mentale renderebbe l’arte più istintiva e più pura. Noi oggi non vorremmo fare nessuna distinzione: se distinzione deve esserci, è di natura puramente storica. Sappiamo dagli studi di neuroestetica e di neuropsichiatria che il momento creativo è sempre un momento sano e puro. La storia ci racconta come moltissimi artisti avessero problemi mentali di qualche tipo. Ma, se c’è il talento, questo si manifesta nonostante, o al contrario, proprio grazie alle dilatazioni visive, ai dismorfismi immaginari e immaginati e a percezioni distorte. Dobbiamo considerare come agli inizi del novecento, molti artisti si procurassero questi status mentali con varie sostanze, mentre nei suddetti artisti tale condizione si rivela naturale. Va dunque vagliato esclusivamente il talento, a prescindere da un’eventuale patologia che affligge la “persona artista”.

Vittorino Andreoli, noto psichiatra veronese, sostiene che quando Dubuffet donò la sua collezione è in quel preciso momento che l’Art Brut cessò, va quindi storicizzata da quel preciso momento, anche in considerazione del fatto che i neurolettici di nuove generazioni hanno cancellato i grandi deliri.

Il termine Outsider Art fu coniato da Roger Cardinal nel 1970, ma è a nostro avviso ben altra cosa, perché mentre il concetto di Art Brut è correlato all’opera, quello di Outsider sottolinea la marginalità di chi la produce (Intervista di Marco Berton a Daniela Rosi 17 ottobre 2017: Palazzo Barolo). Provocatoriamente in contraddizione con “Beaux-Arts” è il termine “Art Brut”, con il quale si definiscono tutte quelle produzioni artistiche eseguite da persone assolutamente prive di qualsiasi educazione all’arte, che operano quindi al di fuori delle norme estetiche convenzionali. Frutto di un gesto spontaneo di pura liberazione, tali lavori interpretano fantasie, desideri, impulsi, stati mentali estremi. Gli autori sono persone che, per una ragione o per l’altra, sono state sottratte dal conformismo sociale: solitari, pazienti psichiatrici ed emarginati, che attraverso l’utilizzo di tecniche e strumenti alquanto insoliti, hanno dato vita ad opere (quadri, sculture o scritti) che saranno per noi la nostra finestra sul loro singolarissimo mondo.

L’Art Brut va ben distinta dalla “Outsider-Art” che ne discende e ne è estensione. Con il corrispettivo inglese si vanno a inglobare nel termine, anche quelle opere create da artisti marginali, autodidatti, autori “Naïf”. Anch’essi privi di qualsiasi formazione artistica, ma che, a differenza dei non-artisti dell’Art Brut, mirano ad un riconoscimento culturale e sociale, rifacendosi all’arte ufficiale, prendendone a prestito i soggetti, i metodi di rappresentazione e le tecniche.

Dimensioni drammaticamente oniriche, che dilatano a dismisura lo spazio della realtà e dell’immaginazione, fino a uno spazio in cui tutti i dialoghi tra passato e presente, tra vero e presunto, frangibile e immaginato, si riaprono invece di confrontarsi, al limite dello scontro, prendendoci così per mano e facendoci capire che sfumando diventano e sono una cosa unica.

A volte ci troviamo in esasperati cromatismi, ora stagliati e netti, ora sfumati e confusi, a caratterizzare figure in movimento, perché lì la mente è in parossistico movimento, a cercare e sublimare la purezza e la limpidezza dell’atto creativo che sempre e comunque è tale qualunque sia la sua origine.

Come succede spesso, si ha la sensazione che il patto artistico si svolga come fosse in una successione dismorfica, un parto Matrioska dove il neonato finale non è nemmeno lontanamente somigliante a ciò che ci aspettavamo: il contenuto è spinto a esistere nel suo risultato finale perché in divenire.

Proprio perché la vita è per chiunque, chi più chi meno, un tortuoso e accidentato sentiero quasi mai percorso con mezzi tecnici (mentali) adeguati, bensí scosso, ferito. Nella migliore delle ipotesi appena supportato, nel calvario di geli siberiani o di torride calure equatoriali.

Ma loro sono lì a mostrarci come il prezzo delle sofferenze, nel superamento delle ardite e opprimenti situazioni, sia cosa naturale, quasi da nulla. Sembra ce la esprimano ora con un leggero sorriso, altre volte con un fragoroso e straziante pianto catartico, ma sempre, in ambo i casi, proiettandoci dentro la loro pelle in modo violento.

Qui, l’opera scaturisce con uno sbocco fisiologico, naturale, come raramente avviene in altri casi.

Niente saggezza, niente distacco fra dolore e solitudine. Come avviene in un ospedale da campo si deve tagliare sempre senza tentennamenti, qui si eliminano le sovrastrutture di filtro e la gangrena della logica imposta, del falso moralismo e delle imposizioni indotte.

L’opera ti verrà mostrata finita, come espulsa da un utero semplice e primordiale, senza ricognizioni o ripensamenti punto per punto: diretta e pura.

Ogni opera ci si pone davanti come se fossimo immersi in una partita a flipper giocata dell’artista. Cambiano gli scenari che possono a volte mostrarci circhi di vita aliena, altre, corpi mostranti carnalità umida, oppure silhouettes femminili sublimate. Ma, quello che si vive in diretta, è l’insieme di suoni dei contatti neuronali della pallina, poi, s’intuiscono i colpi d’anca senza misura e senza controllo. Sì perché lì il tilt non esiste: il tilt, lì, è arte.

– Luigi Mazzardo

 

Bibliografia:

  • Lucienne Peiry (ed.), “Collection de l’Art Brut, Lausanne”, Skira Flammarion 2012.
  • Roger Cardinal, Outsider Art, Londra, 1972 (in inglese).
  • Marc Decimo, Les Jardins de l’art brut, Les presses du réel, Digione, 2007 (in francese).
  • Marc Decimo, Des fous et des hommes avant l’art brut+ réédition de Marcel Réja, L’art chez les fousLe dessin, la prose, la poésie (1907) ; textes de Benjamin Pailhas, Joseph Capgras, Maurice Ducosté, Ludovic Marchand, Georges Petit, Dijon, Les Presses du réel, collection Hétéroclites, 480 pages (160 ill. n&b). (in francese).
  • Jean Dubuffet: L’Art brut préféré aux arts culturels 1949 (in francese).
  • Tarciso Merati opere 1975-1991 – Saggi di Vittorio SgarbiMauro CerutiMaria Rita Parsi Ceribelli Editore Bergamo 1993.
  • L’arte Naive nr. 69 Arte Marginale dicembre 2002 Reggio Emilia.
  • Oltre la Ragione – le figure, i maestri, le storie dell’arte irregolare di Bianca Tosatti editrice Skira 2006.
  • Greg Bottoms, I Colori dell’Apocalisse – Viaggi nell’outsider art, Odoya, Bologna 2009.
  • Sergio Perini, L’arte disperata di Agosytino Goldani, Marco Serra Tarantola, Brescia, 2008.
  • Agalma nº 14 – Outsider Culture, Roma, Meltemi, 2007.
  • Davide Russo (a cura di), La Tinaia, Firenze, edizioni zeta, 2007, La Tinaia alla Biblioteca di Scienze sociali dell’Università di Firenze, Firenze, Polistampa, 2004.
  • Maria A. Azzola e Lucilla Conigliello (a cura di), Scritture in musica: La Tinaia e l’Art Brut, Firenze, Edizioni Polistampa, 2003.